Quadretti africani
novembre - dicembre 1999

GATTI E MACACHI

I suoi occhi fino ad un attimo prima erano due fessure per via del sole che gli batte sul muso ma improvvisamente si spalancano attenti. Sono arrivati loro, un gruppetto di macachi, a disturbare la quiete pomeridiana.
Il gatto che sto accarezzando fa parte di una folta colonia che viene tollerata apposta perché tiene lontani dalle camere le bande dei macachi teppisti.
Tra le due specie non corre affatto buon sangue. Il gatto di cui sto parlando non viene nutrito, non è proprio un gatto domestico, gli unici contatti che ha con l'uomo sono le sporadiche coccole che qualcuno ogni tanto gli fa e lui si concede svogliatamente fino a quando gli fa comodo.
I macachi invece di contatti con l'uomo non ne hanno per nulla, a parte qualche imprudente turista che vuole dargli qualche cosa da mangiare.
Allora si scatena il putiferio. Lotte e zuffe per accaparrarsi il boccone, schiamazzi, urli e ciuffi di peli che svolazzano.
Un pomeriggio torno in camera e sembra che sia passata una squadra di malfattori. Ho lasciato imprudentemente la finestra aperta e loro, i delinquenti, ne hanno approfittato. I macachi sono gli animali più disordinati che mi sia capitato di incontrare.
Quando penetrano in un'abitazione non si salva nulla. Tutto ciò che esiste nella stanza viene gettato malamente qua e la. Se poi si considera che avevo una tavoletta da ½ chilo di cioccolato fondente chiusa in un cassetto.
I malviventi non riuscivano ad aprire il cassetto quindi hanno sfogato la loro frustrazione su tutto quello che hanno trovato in giro. Nulla si è salvato. Ogni cosa a cui riescono ad aggrapparsi la usano come trampolino per saltare da un'altra parte. Lampade, sgabelli, letto, sedie, il rotolo della carta igienica. tutto serve per appoggiarsi e poi fa una brutta fine.
Il gatto invece è metodico e ordinato, si muove con cautela e quando decide di attaccare è fulmineo. I macachi hanno terrore del gatto e dei suoi artigli, specie se è affamato. Non lo sapevo ma il gatto (almeno, questi gatti) è più veloce e più agile del macaco se non si trova tra i rami.
Se riesce ad isolare un piccolo o un individuo giovane questo diventa la sua preda. Non ho mai visto un gatto catturare un macaco ma li ho visti mentre se ne cibavano.
Il mio gatto spalanca gli occhi, sta fermo un attimo e poi si muove sinuoso verso il gruppetto. Questi si interrogano un po' sul da farsi poi il capo banda lancia un segnale d'allarme e tutti scappano sparpagliandosi a destra e a manca. Torna la quiete, il principesco felino per oggi ha salvato la mia stanza.



ALLA RICERCA DI UKUNDE

Spensierati come i tre porcellini io, Simonetta e Luca decidiamo di andare a trovare un medico collega di Luca che opera in una zona sulla costa sud del Kenya in una località chiamata Ukunde. Noi ci troviamo 12 Km a nord di Mombasa, quindi ci muniamo di carta geografica e studiamo la zona. Dopo un po' individuiamo la località ma la carta è molto approssimativa quindi ognuno da una stima sulla distanza da percorrere. Risultato: uno dice 60Km, uno 85 e uno 130. L'unica cosa su cui siamo d'accordo è che dobbiamo andare verso sud..
Pierre e Francoise sono due gentili coniugi francesi sulla sessantina che trascorrono alcuni mesi all'anno in Kenya. Hanno un fuoristrada che ci mettono a disposizione (chissà perché tutte le macchine che ho usato in Africa avevano almeno una porta che non funziona.).
Quindi saliamo sul bel Pajero e ci dirigiamo verso Mombasa. Entriamo nella città dal grande ponte di Nyali e l'attraversiamo tutta. A sud (Mombasa è un 'isola) dobbiamo prendere il traghetto di Likoni per ritornare sulla terraferma.
A Likoni (brutto posto periferico in cui l'imperativo è sopravvivere) il traghetto deve percorrere non più di 200 metri, ma non si riesce a costruire un ponte come a Nyali. Il motivo mi sfugge. Il costo del traghetto è irrisorio.
Dall'altra parte la strada inizia a snodarsi sotto alberi maestosi e lungo filari di palme. Luca inizia a parlare dei suoi esami all'università di Zurigo ed il discorso cade su quello di patologia. Per quasi un'ora si parla di morti ammazzati, di come scoprire le cause dei vari tipi di morte violenta, gente annegata, colpita dal fulmine, soffocata, bruciata ed altre amenità.
Ukunde non si vede, il sole inizia a bruciare, il condizionatore ovviamente non funziona.
Sono trascorsi più di 100 km ma Ukunde non si vede.
Facciamo un riepilogo veloce di quello che abbiamo visto, ma più che gruppetti sparuti di capanne non abbiamo incontrato. Proseguiamo e il discordo muore lentamente (anche quello.) e iniziamo a osservare tutte le indicazioni che troviamo. Nulla! Ukunde forse non esiste!
Eppure sulla carta era segnata!
Alla fine alcune persone. Decidiamo di chiedere ma subito notiamo che sono loro che ci fermano. Sono in divisa, sarà un posto di blocco. Dal finestrino il militare ci saluta e ci chiede i passaporti. Glieli diamo e lui ci chiede per quale motivo andiamo in Tanzania.. Ma come in Tanzania!!!!
Eh si, siamo giunti alla fine del Kenya e la strada che vediamo davanti è già Tanzania.
Si, ma.. E Ukunde?
Il militare ci guarda un po' perplesso.
Ukunde? E' a 15 km da Mombasa, ne avete fatti 150 di troppo!!



CONSIGLIO TRIBALE

Problema:
Dato un pavimento di 20 metri quadrati (5 metri per 4 metri) sollevare le pietre piatte che lo ricoprono, con cemento fresco rifare la base ben livellata e posare nuovamente le pietre.
Soluzione europea:
Prendi un muratore magari bergamasco con un ragazzo apprendista che lo aiuta e in poche ore terminano il lavoro.
Soluzione africana:
Li conto e non ci credo. Li riconto, sono 19! Si, proprio diciannove! Ma ci vogliono diciannove persone per 20 metri quadrati di pavimento?? In Europa no, sarebbe antieconomico, costerebbe come piastrellare il pavimento di una villa. In Africa si, non farlo non sarebbe democratico. Tutti quelli che utilizzeranno il pavimento hanno il diritto di esprimere la propria opinione ed intervenire per correggere il lavoro.
Mi siedo per osservarli, uno ha in mano la cazzuola, uno un badile, uno la livella ecc. ecc. Ogni operazione che si compie, dalla composizione del cemento alla posa della lastra viene decisa all'unanimità. L'obiettivo non è un risultato ottimale con costi adeguati ma un risultato che vada bene a tutti infischiandosene dei costi. Eh già, qui il tempo non costa nulla. Se non finiscono oggi finiranno domani oppure dopodomani, l'importante è che il pavimento alla fine soddisfi tutti.
Piano piano, con la flemma africana il lavoro procede, ogni tanto nasce qualche discussione sul modo di posare una pietra, si prova e si riprova, quando tutti sono soddisfatti si passa alla pietra successiva. Ah. che bello lavorare così. meno male che non devono lastricare la Moi Avenue a Mombasa. te le immagini novecentomila persone che si riuniscono per decidere come posare la pietra successiva?



COREOGRAFIE URBANE

Descrivere il traffico di Mombasa è un'impresa che ha del sovrumano, un po' come trovarcisi in mezzo.
Bisogna immaginare uno di quei pianisti negri che suonano il jazz e ti stupiscono con evoluzioni virtuosistiche geniali e inaspettate. Note che ti sommergono da tutte la parti quando meno te le aspetti.
Lo stesso sono le auto a Mombasa. Pur essendoci la guida a sinistra come in Inghilterra le auto possono arrivare da tutte le parti. Entrando a Mombasa da nord, dopo il famoso ponte di Nyali c'è una grossa via di cui non ricordo il nome che porta verso il centro. In mezzo c'è un'aiuola spartitraffico.
Un bel giorno il traffico è bloccato. anzi, più bloccato del solito, direi che è fermo da tempo. La causa è un autobus che doveva fare inversione di marcia. Non avendo voglia di arrivare alla prossima rotonda, l'autista ha pensato bene di scavalcare l'aiuola per immettersi nella corsia opposta.
Peccato che il bus sia troppo lungo e a un certo punto non può andare più né avanti né indietro (anche per la colonna di macchine che lo circondavano ovunque).
Ma gli africano non si perdono d'animo mai, quindi qualcuno pensa di andare a chiamare il proprietario di un negozio che al momento è chiuso. Le vetrine danno sulla strada, se si riuscisse a far entrare il bus per due metri nel negozio avrebbe lo spazio per completare la manovra. Con una solerzia inaspettata arriva il proprietario, aprono le serrande, sbaraccano la merce ed il bus entra trionfalmente nel negozio!



Morale: l'Africa è completamente diversa dal nostro modo di pensare, non si può criticare determinate scelte o modi di fare. Non si può andare in Africa con una mentalità europea. Non la si capirebbe, anzi la si troverebbe assurda. Non ci sono indicazioni per strada che aiutino a trovare un paese, la gente lavora con ritmi differenti e quando si ordina qualche cosa al ristorante c'è il rischio di aspettare tanto tempo oppure arriva subito ma non è giusta oppure il conto è sbagliato. Non è come pensano molti europei che i negri sono sfaticati oppure vogliono approfittarsene. Gli africani vivono con ritmi diversi, sono più in sintonia col mondo circostante di quanto lo siamo noi, non hanno fretta. Ne è la triste prova che la malattia più diffusa in Africa non è la malaria oppure l'AIDS o strani morbi tropicali ma l'ipertensione. Il confronto brutale con un tipo di società occidentale da parte di gente impreparata a sostenere tali ritmi ha provocato più vittime delle epidemie bibliche! Morale 2: Evitare in maniera assoluta di guidare in Africa, almeno la prima volta che ci si va. Prima è meglio vedere cosa può succedere!